"Agli eccessivi allarmismi dei giornali e delle tv siamo abbastanza abituati, e ci sono formule che ormai sono diventate così insignificanti e rituali che ce ne facciamo beffe: “nella morsa del gelo”, “io, nell’inferno di”, “qualunquecosa killer”, eccetera. Abbiamo maturato un sano pregiudizio nei confronti delle notizie che leggiamo o di cui sentiamo in tv, che si somma a una perdita di forza delle verità assolute, dei rapporti chiari di causa ed effetto, delle “regole”: la varietà di informazioni e di argomenti che ci offrono la rete e la comunicazione contemporanea ci rendono più insicuri e più aperti al dubbio. Ne aveva scritto l’anno scorso Kevin Kelly, che fu il primo direttore di Wired.
Il web è la mia carta e penna, e sono diventato più bravo a raccogliere informazioni. Ma la mia conoscenza è più fragile. Per ogni informazione che trovo c’è qualcuno pronto a dire il contrario. Ogni dato ha il suo “antidato”. L’enorme ragnatela del web mette in rilievo sia i dati sia gli antidati. Alcuni sono stupidi, altri sono convincenti. Non possiamo lasciar decidere agli esperti, perché per ogni esperto c’è un antiesperto altrettanto bravo. Perciò tutto quello che imparo subisce l’erosione di questi antifattori. Non ho più certezze. Invece di affidarmi a un’autorità, sono costretto a crearmi le mie certezze, non solo sulle cose che mi interessano, ma su tuttoquello che leggo, compresi i campi in cui non posso avere nessuna esperienza diretta. In generale, quindi, mi capita di presumere sempre più spesso che quello che so è sbagliato. Un atteggiamento ideale per uno scienziato. Ma questo signiica anche ch eho più probabilità di cambiare idea per i motivi sbagliati. La capacità di accettare l’incertezza è uno dei cambiamenti che ho subìto. (…) Sono meno interessato alla Verità e più interessato alle verità.
Poi però il rapporto con le notizie quest’anno ci ha portato un altro elemento di incertezza. Oltre alle notizie di cui avevamo imparato a essere sospettosi, e familiari con le intenzioni sensazionalistiche dei media, sono successe diverse cose che facevano davvero paura e su cui gli allarmi apparivano sinceri e misurati al pericolo. O che mostravano un esito prevedibile. Il disastro ecologico nel Golfo del Messico: ci siamo convinti che ci sarebbero voluti anni a fare tornare quelle coste normali, che quel mare non sarebbe stato più come prima, che ne avrebbe risentito anche tutta la costa atlantica, che eravamo di fronte a un evento che tracciava un solco tra il prima e il dopo. Oppure la tragedia dei minatori bloccati in Cile: né i precedenti né la nostra abitudine alle brutte notizia né l’elementare constatazione dei fatti lasciavano molto spazio all’ottimismo. La violenza del terremoto neozelandese lasciava prevedere molti morti: non ce n’è stato nemmeno uno, a conti fatti. Ci sono stati di nuovo moltissimi allarmi terrorismo quest’anno: a Stoccolma un volo è stato costretto a un atterraggio d’emergenza mentre andava in Pakistan dal Canada. Un passeggero sospetto è stato arrestato, e dopo si è scoperto che non aveva fatto nulla e l’aveva denunciato una fidanzata gelosa. In Germania c’è stato un allarme attentati per tutto lo scorso novembre, e il mese è passato liscio. Ad agosto si è saputo di un attentato al leader iraniano Ahmadinejad, con una granata: ma era una bomba carta fatta esplodere festosamente dai suoi sostenitori. A settembre abbiamo letto in lungo e in largo di un attentato al Papa sventato a Londra: erano stati arrestati sei stranieri, non era un’invenzione. Ma sono stati rilasciati il giorno dopo, chiarito l’equivoco su una loro innocua conversazione.
E venendo a cose più piccole e italiane: vi ricordate la sera degli ultras serbi allo stadio di Marassi? Certo, interruppero la partita: ma se eravate lì a seguire la diretta ricorderete che si temette accadesse molto peggio, nel confronto con le altre persone allo stadio e con la polizia. Avevano fatto bei danni nel pomeriggio. Invece vennero fatti uscire, arrestati, o rimandati via. Non si fece male nessuno. E ancora in Italia, sono state date per probabili le elezioni a novembre, e niente. È stata data per quasi certa la caduta del governo, e niente. È stato dato per sempre più probabile a ogni riconteggio l’annullamento dell’elezione del governatore del Piemonte, e invece poi tutto è rimasto al suo posto. Si potrà pensarla in modi diversi su quale sia la buona e quale cattiva notizia, ma insomma è successo che cose che ci erano state date per probabili o certe non sono successe.
Attenzione: le cronache dell’anno sono piene anche di disastri annunciati. Per un allarme tsunami cancellato a maggio in Indonesia, ce n’è stato uno confermato e terribile a ottobre, sempre in Indonesia. È stato un anno di inondazioni devastanti, e di incidenti aerei. Un anno di cose tremende, come ogni anno. Non è della realtà che stiamo parlando: quella è fatta sempre di bicchieri mezzi vuoti e bicchieri mezzi pieni, notizie buone e notizie cattive. Ma come l’informazione tende a privilegiare le seconde, tende anche a costruire scenari certi e finali previsti. Non fa domande, ma dà risposte; non chiede “cosa succederà adesso?” ma afferma “succederà questo”. E quando poi non succede, quando le cose vanno in un altro modo, non trae grandi lezioni dalle errate previsioni, né lo facciamo noi lettori. Il bisogno di risposte e di certezze sembra più forte delle lezioni che Kevin Kelly sembra avere imparato. Per ogni notizia c’è un'antinotizia."
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interessante come tutti i post del Post ;) è il miglior giornale online.
RispondiEliminaluca